Aimee Lokake è Gente Strana. La sua storia comincia da lontano e arriva fino a Bologna, dove il 15 ottobre prenderà parte all’incontro I nuovi confini delle migrazioni all’interno del festival per i 50 anni del CEFA Gente Strana. Aimee dopo un lungo viaggio durato 2 anni attraverso i paesi dell’Africa centrale, oggi vive e lavora con il CEFA in Marocco, dove offre accompagnamento sanitario ad altre persone migranti nel paese. Per conoscere meglio la sua storia, le abbiamo chiesto di raccontarcela.

Dove inizia la tua storia?

Vengo dalla Repubblica Democratica del Congo. Dopo un lungo viaggio di due anni iniziato nel 2006, nel 2008 sono arrivata in Marocco. Prima di arrivare ho dovuto attraversare insieme ai miei due figli il Congo, la Repubblica Centrafricana, il Camerun, la Nigeria, il Niger, il deserto dell’Algeria, ed infine la frontiera con il Marocco. All’inizio ero senza documenti e sono subito entrata a fare parte di alcune associazioni con l’obiettivo di aiutare altre donne come me. Ho seguito corsi di formazione su tutto quello che ruoto intorno l’educazione dei bambini, i diritti umani, i diritti delle donne. Dopo aver ottenuto la carta di soggiorno ho iniziato a formarmi con tutto ciò che sta nell’ambito della migrazione. Ecco chi è Aimee: sono una donna che è arrivata in un paese sconosciuto senza documenti, ma con grande forza sono riuscita ad ottenere e diventare tutto quello che sono oggi.

E una volta in Marocco come hai incontrato CEFA?

Ho conosciuto CEFA nel 2018 attraverso il progetto “Je Suis Migrant”. Facevo parte di una delle associazioni con cui il CEFA stava lavorando. Nel 2021 poi ho risposto ad un annuncio e il 4 ottobre 2021 sono stata presa e ho iniziato a lavorare all’accompagnamento sanitario di persone migranti nel paese. All’inizio mi sono dovuta spostare da Rabat a Beni Mellal, e non è stato facile. Per il progetto dovevamo accompagnare 50 persone ai servizi di base. A giugno 2022 avevo già accompagnato 180 persone. Inizialmente non era nemmeno previsto di dare sostegno all’acquisto di medicinali, cosa però che si è rivelata necessaria per riuscire a dare un accompagnamento sanitario più completo. A giugno poi, dopo i fatti di Melilla, ci siamo ritrovate a dover accompagnare altre 200 persone che avevano urgentemente bisogno di cure mediche. Per fortuna siamo riuscite a farci aiutare da medici e altre organizzazioni locali. In città abbiamo un ottimo rapporto con tutte le autorità, e nel tempo siamo diventati un punto di riferimento molto importante.

Il 15 ottobre ti aspettiamo a Bologna per l’incontro “ I nuovi confini delle migrazioni ”. Che cosa verrai a raccontarci in quell’occasione?

Vorrei parlare del mio percorso migratorio, per fare vedere che esiste una migrazione positiva. Le persone si spostano per diversi motivi, e il paese di accoglienza dovrebbe capire i problemi che stanno alla base della partenza. Io non volevo lasciare il mio paese, però la situazione mi ha spinta a partire. Non è stato semplice, soprattutto per i bambini. Nel tempo però mi sono battuta per ottenere quello che ho oggi, e posso dire di essere stabile e di riuscire a mandare i miei figli a scuola. Il 15 ottobre parlerò anche del mio lavoro e di quello che faccio, perché ci sono due modi di lavorare: lavorare per lavorare, o lavorare con il cuore. Visto che il titolo del festival è Gente Strana, posso dire di considerarmi anche io strana, proprio perché aiuto gli altri e lascio da parte le mie cose per farlo.