Quest'anno il CEFA compie 50 anni. Fra le varie iniziative, abbiamo deciso di celebrare questo traguardo attraverso un foto-racconto di storie, volti e immagini che hanno segnato la storia degli ultimi decenni. Speriamo che questi racconti siano capaci di incuriosire e spingere ad approfondire la nostra storia attraverso i molti video, libri ed incontri.

Il senso della gratitudine

Nella mia permanenza in Tanzania ho vissuto tanti momenti belli, ma quello che davvero ti riempie di gioia sono i ringraziamenti per quello che stai facendo. Ogni volta che andiamo in giro per villaggi e ci sentiamo salutare per nome, o cogliamo l’apprezzamento per quello che facciamo, lì capisco davvero il senso di tutto questo. Mi ricordo di quando siamo rimasti bloccati nel villaggio di Ukwega per via delle piogge intense: la strada era impraticabile e noi dovevamo arrivare al centro del villaggio per portare dei fertilizzanti e delle medicine al dispensario. La gente del posto ha capito che eravamo in difficoltà e ci hanno suggerito di non andare più avanti. Dopo essersi organizzati, si sono messi tutti un sacco in testa e in fila indiana hanno iniziato a portare il nostro carico a destinazione. Quando ho ringraziato per l’enorme aiuto, il sindaco del villaggio mi disse che erano loro ad essere grati.

Le difficoltà in Africa sono il pane quotidiano, ma il problema più difficile da superare è il rapporto con la cultura locale. Venire dall'Italia dove si è abituati a certi meccanismi, ed essere catapultati in una realtà dove non si ha nulla di scontato può all’inizio essere difficile. Ma lavorando dentro il CEFA ci si sente parte di una grande famiglia, e in particolare continuo ad apprezzare tutta la sensibilità di chi vive in Italia e capisce le difficoltà di chi lavora nei paesi in via di sviluppo.

Giovanni Spata - Cooperante CEFA in Tanzania

Tratto da “Foto e Testimonianze dei Primi 50 anni del CEFA” realizzato dall’Associazione Amici del CEFA. Se desideri ricevere una copia del libro scrivi a Giulia all’email g.fiorita@cefaonlus.it

Il trattore della solidarietà

Per raccontare questa foto devo per forza partire dal 2011, il primo anno in cui decidemmo di portare i piatti in piazza Maggiore. Era l’inizio delle nostre celebrazioni per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, l’evento che ha caratterizzato il CEFA fino ad oggi. Il tema del primo anno era “vincere la fame mettendoci il lavoro”. E che cosa poteva rappresentava il lavoro per il CEFA? Abbiamo subito pensato al trattore. Quell’anno infatti “apparecchiammo” la piazza con i piatti vuoti disegnando la sagoma di un trattore, che per noi voleva dire fare.

Coinvolgemmo poi la New Holland, grande azienda produttrice di macchine agricole, che ci promise di regalarci due trattori a patto di portarne uno in piazza. Poi per una serie di problemi non riuscimmo ad ottenere i permessi per entrare fisicamente in piazza, quindi abbiamo pensato di sfruttare la settimana precedente all’evento per promuovere l’iniziativa. Per un’intera settimana abbiamo girato per tutta Bologna con il trattore. Ci siamo divertiti un sacco. Siamo andati nelle scuole, a San Luca, alle torri, ed era per noi il trattore della solidarietà, e ogni giorno c’era la coda di chi voleva guidarlo. Alla fine i due trattori che ci regalarono riuscimmo a farli arrivare a Matembwe in Tanzania. Prima di partire però facemmo un contest online per dare ad entrambi un nome, e vennero così chiamati Farasi e Girolamo. Farasi significa cavallo in swahili, mentre Girolamo era il trattore che girava.

I trattori sono poi stati usati in tutti questi anni come importante aiuto in tutti i progetti di Matembwe. Girolamo nel villaggio di Ikondo è servito per fare i ponti per mettere i pali della linea elettrica che hanno negli anni illuminato decine di villaggi nella regione, mentre Farasi ad Njombe per andare a prendere il latte dai contadini e portarlo alla latteria. È stato grazie a tutto il giro di amicizie e solidarietà intorno al CEFA che siamo riusciti a realizzare eventi come questo.

Giovanni Beccari

Molto di più di quello che siamo riusciti a dare

Una delle emozioni più forti e uno degli insegnamenti più pregnanti ricevuti negli anni di lavoro in Kenya è stata la capacità di far festa dei nostri amici al raggiungimento di un risultato, ad un nuovo incontro, tutte le occasioni erano buone. Quando l’acqua dell’acquedotto che il CEFA ha realizzato in Kenya, con un progetto durato più di quindici anni, raggiungeva un nuovo villaggio la festa era grande, per farsi beffe della malasorte che li aveva destinati ad un luogo così arido e dei menagrami che sostenevano che l’acqua non sarebbe mai arrivata; ma soprattutto convinti che la vita è più ricca, più degna e in fondo anche più generosa se la si affronta con il sorriso, con gioia, valorizzando quanto abbiamo, le piccole conquiste quotidiane; e soprattutto facendolo assieme, condividendo con chi ci è vicino le gioie e i dolori quotidiani, i miracoli grandi o piccoli che ci accadono intorno ogni giorno e di cui spesso non ci accorgiamo, distratti da tutto il resto.

Gli anni trascorsi in Kenya sono stati pieni di momenti emozionanti, estenuanti, coinvolgenti, commoventi, eccitanti, disperanti, suggestivi, toccanti, appassionanti, entusiasmanti, esaltanti. Il nostro matrimonio è stato uno di questi. Abbiamo deciso di farlo là, condividendo con la comunità che ci stava ospitando anche questo momento così importante. Il matrimonio non è una questione privata, ci è stato detto, e così ci siamo ritrovati 400 invitati al pranzo di nozze, una grande festa che naturalmente ricordiamo ancora con grande gioia. In questa foto i rappresentanti della comunità con cui stavamo lavorando per la realizzazione dell’acquedotto ci omaggiano dei doni nuziali. Partiti con la alta aspirazione di aiutare, ora, in fin dei conti, ci è rimasta l'intima convinzione di aver ricevuto in quegli anni molto di più di quello che siamo riusciti a dare.

Marco Lorenzetti - Consigliere CEFA

Mondi lontanissimi

Ho sempre avuto un buon rapporto con Tomasa. Nonostante avessimo la stessa età, però, abbiamo avuto vite e percorsi completamente diversi, ed è proprio il genere di rapporto in cui mondi lontanissimi tra di loro si incontrano.

Nella foto siamo nella comunità di Mactzul II, nel dipartimento di Chichicastenango, uno dei municipi in cui il CEFA lavora in Guatemala. È una tipica giornata di lavoro, e noi eravamo lì per realizzare alcuni laboratori sulla corretta alimentazione. Tomasa è una delle educatrici che aiuta le bambine che ricevono le borse di studio, accompagnandole nel loro percorso scolastico, oltre ad essere anche madre di una delle ragazze. 

Tomasa è una donna che ha fatto un percorso grandissimo con il CEFA. Ha cresciuto sua figlia da sola ed è poi diventata un importantissimo punto di riferimento nella sua comunità. Quando sono andata via dal Guatemala era parte del consiglio unitario, che la comunità interpella per tutte le questioni pubbliche. Mi ha sempre raccontato di come la sua presa di coscienza sia avvenuta grazie a tutte le condivisioni e tutti i laboratori che abbiamo realizzato insieme.

Siamo sempre state molto legate. Lei è sempre stata una persona molto serena e spontanea con me. So che può sembrare banale, ma da questo rapporto mi sono portata dietro solo che gratitudine. Era per me l’inizio della mia vita lavorativa e grazie a persone come lei sono riuscita a comprendere al meglio il contesto e le situazioni che stavamo vivendo. Mi ha insegnato l’importanza di entrare in punta di piedi nei contesti più lontani e diversi da quello a cui sono abituata.

Valeria Pontalti - Cooperante CEFA in Guatemala

Rooge rookeja! È arrivata l'acqua!

Rooge rookeja! È arrivata l'acqua! 25 anni fa, per la prima volta, è stata aperta in un villaggio del Meru una fontanella che portava acqua corrente dalle pendici del Monte Kenya verso nord per decine di chilometri. Da quel giorno questo grido gioioso ha risuonato in tanti altri villaggi delle stesse regioni del Kenya.

In una semplice frase zampillante risiede una svolta. Dove arriva l'acqua, arriva la vita, una nuova vita, un'occasione per determinare diversamente la propria storia, il proprio lavoro, la salute della propria famiglia. Questa è una storia fatta di sogni e di fango. Un sogno degli anni novanta, un ideale alto, obiettivi ambiziosi rimasti fino ad oggi per attraversare le tante difficoltà del cammino. E tanto lavoro progettando, scavando a mano nella terra, sporcandosi le mani tutti insieme per sentire davvero propria quest'opera enorme e preziosa. In Kenya CEFA ha realizzato insieme a tante e variegate comunità il Kathita Kiirua Water Project, un acquedotto alimentato interamente a gravità oggi gestito e condotto da una società locale, anch'essa nata con CEFA insieme all'infrastruttura, che continua a mantenere e sviluppare il sistema idraulico con nuove tratte che raggiungono nuovi villaggi, servendo circa 30.000 persone su un'area di più di 200 chilometri quadrati. In tutti questi anni siamo in tanti ad essere stati in diversi modi coinvolti in questo straordinario progetto, un intreccio di vite che fluisce e rimane per sempre legato a uno stile semplice e concreto di appartenere alla storia, tante persone come me, fatte di sogni e di fango, con la testa nel cielo e le mani sporche, toccate e arricchite dall'incontro con l'altro e per sempre grate.

Lucia Costa - Presidente Associazione Amici del CEFA

La promozione della donna nei progetti del CEFA

Camminando per le strade di tanti paesi, si incontrano donne che sulla loro testa trasportano proprio di tutti: sacchi di patate, taniche di acqua, ingombranti fagotti informi. Camminano con questi pesi sulla testa, in perfetto equilibrio, e mantengono una postura disinvolta e dignitosa, quasi non avvertissero quel carico, con una sapienza di movimenti appresi fin da bambine in tenera età. Solo se ti avvicini davvero puoi notare il sudore di una fatica celata, ma il sorriso è autentico e pronto per tutti. Ci sono altri pesi che gravano sulla testa di queste donne: una cultura che le considera inferiori, che nega loro un’infanzia di giochi, l’accesso alla scuole e a un'istruzione che potrebbe fare la differenza, la libertà nelle scelte della vita, la possibilità di un lavoro equamente retribuito, percorsi di maternità responsabili e sicure per la salute. Avviare progetti di cooperazione internazionale per CEFA significa accettare di camminare al fianco di queste donne, cercare di comprendere le fragilità di queste culture e offrire possibilità di cambiamento attivo a ognuna di esse, e anche ai loro uomini.

Ricordo un imbarazzato ma soddisfatto agricoltore del Guatemala che, in occasione di una missione sul campo, raccontava di come lui e gli uomini della comunità si fossero resi conto, grazia al progetto, di essere stati ingiusti con le loro donne e di come stessero cercando di cambiare insieme. Si trattava di un programma agricolo, non specificatamente dedicato alle donne, ma quando si affrontano tematiche legate allo sviluppo si ci si confronta con la globalità delle dinamiche presenti, e insieme, si individuano percorsi virtuosi. Indubbiamente la presenza di personale espatriato, uomini e donne che lavorano assieme con rispetto reciproco ha rappresentato, nella mia esperienza, uno dei punti di forza dei progetti CEFA in quanto crea una dissonanza rispetto alle abitudini locali e offre, senza essere invadenti, un’alternativa possibile e concreta.

Patrizia Farolini - ex Presidente CEFA Onlus

Tratto da “Foto e Testimonianze dei Primi 50 anni del CEFA” realizzato dall’Associazione Amici del CEFA. Se desideri ricevere una copia del libro scrivi a Giulia all’email g.fiorita@cefaonlus.it

Il ricordo di un uomo tenace e determinato

In Albania, subito dopo la caduta del regime, come CEFA abbiamo portato avanti un intervento in un villaggio che era in fondo a una valle. All’epoca, Mollas era una zona molto impervia, non collegata dalle strade. Il regime qui aveva segregato tutta la delinquenza e la criminalità comune. Quando iniziammo a lavorare in Albania, Giovanni Bersani tra tutte le realtà che visitammo, rimase colpito da questo villaggio: era particolarmente povero, arrampicato sulle montagne, senza servizi essenziali. Uno dei primi lavori fu proprio la costruzione di un acquedotto che portava l’acqua dal fiume fino al centro del villaggio. Ma fin da subito abbiamo avuto una serie di problemi. La povertà era tale che spesso la notte venivano rubati i tubi, l’acquedotto si fermava e dovevamo tornare, rimontare e rimettere l'impianto in funzione. Era un intervento al quale Giovanni Bersani era particolarmente legato.

Gli anni sono passati e in Albania c’è stata una crisi politica ed economica. La gente si è trovata senza risparmi. Il governo di allora è caduto in fretta e in tutto il paese sono scoppiate rivolte. Bersani insistette così per tornare a Mollas, e controllare la situazione, ma soprattutto verificare che i nostri interventi non fossero andati perduti. Ci presentammo così in prefettura. Quel giorno pioveva in maniera torrenziale. Sapevamo già che senza strade, sarebbe stato molto difficile raggiungere il villaggio. C’era inoltre un’importante questione di sicurezza, per cui il prefetto rifiutava di accompagnarci. Grazie però alla determinazione di Bersani, dopo diversi tentativi di insistenza, il prefetto si arrese e decise così di venire con noi.

Durante il viaggio, la strada diventò sempre più imperia, fino a quando improvvisamente l’auto si impantanò. La ruola slittava nel fango e in quelle condizioni sembrava non ci fosse alcun modo per ripartire. Il prefetto, anche con un po’ di soddisfazione, cercò così di convincerci a tornare indietro. Bersani però, che all’epoca aveva 84 anni, non ci pensò due volte. Scendette dalla macchina sotto il diluvio, e in mezzo a quel fango, cominciò da solo a spingere. Davanti a questa scena, anche il prefetto e gli altri poliziotti che ci accompagnavano scesero e cominciarono a spingere. Poco dopo, insieme, riuscimmo a fare uscire la macchina dal fango e riprendere il viaggio.

Questo era Giovanni Bersani. La sua capacità di trascinare gli altri in cose che chiunque avrebbe ritenuto infattibili lo ha accompagnato per tutta la vita. L’unica cosa che potevamo fare era fidarci e seguirlo. Tanti progetti che sulla carta potevano sembrare improbabili o addirittura impossibili, per lui dovevano essere fatti. Questa capacità di avere visione e coraggio è ciò che lo ha sempre contraddistinto, ed anche ciò che è riuscito a lasciare al CEFA.

Paolo Chesani - Direttore FOCSIV

L'esperienza di una vita

Era l’estate del 1987, avevo 29 anni, ed ero lì con una gamba ingessata ad aiutare a costruire un mangimificio che avrebbe aiutato il villaggio di Matembwe, in Tanzania, nella conservazione dei cereali. Ci siamo ritrovati lì con un gruppo di amici e abbiamo montato ed installato 8 silos e un mulino per la macinazione. Io arrivai un mese prima rispetto agli altri e prima dell’arrivo del resto del gruppo, avevo già montato insieme ai ragazzi del posto la maggior parte dell’impianto. Ricordo ancora il loro stupore quando arrivarono gli altri e scoprirono che da soli eravamo riusciti a finire quasi tutto il lavoro. 

La cosa bella è che dopo 30 anni siamo tornati a Matembwe a visitare i progetti. Devo dire che vedere che il mangimificio ancora funziona è stato per me la testimonianza dell’importanza di questo tipo di progetto.
Dopo tutto il lavoro e la fatica fatta, posso sicuramente dire che è stato più quello che ho ricevuto di quello che ho dato. Ho vissuto un'esperienza forte, gratificante e con persone magnifiche. Dopo questa esperienza, la mia vita è cambiata. Da quel momento ho deciso di cambiare lavoro e cominciare ad impegnarmi nel sociale, e una volta toccato con mano l'operato del CEFA, ci sono rimasto legato per sempre.

Passiamo una buona parte della nostra esistenza nel cercare di dare un senso alle cose che facciamo. Poi, a volte, apparentemente per caso, sono le cose stesse a dare un senso alla nostra esistenza.

Eugenio Messori - Presidente Modena CEFA