Enrico Guiraud è un sostenitore del progetto di accesso allo studio nella regione del Quichè, in Guatemala. L’obiettivo del progetto è garantire il diritto allo studio alle bambine e alle ragazze Maya della regione, che vivono sulla loro pelle una forte discriminazione di genere, di status economico e di etnia.

Enrico ha da poco visitato le comunità che sostiene, e ha deciso di raccontarci il suo viaggio.


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Un viaggio inaspettato

Nell'ufficio CEFA a Santa Cruz del Quiché l'allegria e il brusio delle chiacchiere che riempivano la sala durante la colazione comunitaria hanno lasciato il posto al silenzio dell'ascolto. Alcune delle "becadas" (le borsiste) più avanti nel percorso di studi stanno condividendo la loro storia con una franchezza disarmante che colpisce in pieno petto. Per queste ragazze è importante farmi capire di quante battaglie è fatta la loro vita ed io, a dispetto del mio spagnolo tutto rotto, ci tengo a imprimere nella mente ogni loro parola. Mentre le ascolto, parte dei miei pensieri torna alle improbabili circostanze che mi hanno portato ad essere qui in questo momento.

Qualche anno fa, quando ho iniziato a sostenere il progetto CEFA per il diritto allo studio delle bambine e ragazze Maya del Quichè, non mi sarebbe mai passato per la testa di andarci io stesso in Guatemala. E quando ho timidamente inviato una mail per chiedere se, già che ero "in zona", avrei potuto fare una visita a questo progetto che per anni avevo seguito tramite la newsletter, non mi aspettavo certamente una risposta tanto entusiasta da parte di Elisa, Iris e il resto del team CEFA .

Invece qualche settimana dopo ero su una quattro per quattro che doveva averne viste delle belle ma che ancora si inerpicava senza problemi su per le strade (asfaltate e non) che portano al villaggio di Pocohil. Era la prima delle diverse attività organizzate per me da Iris, Marco Tullio e Angélica, la visita a una delle comunità sostenute da CEFA.

L’accoglienza di Pocohil

Nulla poteva prepararmi per il calore, la gioia e la generosità dell'accoglienza a Pocohil: i cartelli con scritto "bienvenido padrino" in grandi lettere colorate, il tappeto di aghi di pino e fiori all'ingresso della casa che ci avrebbe ospitato per la giornata, i petardi fatti esplodere come si usa qui nei giorni di festa. Non vi nascondo che mi sono completamente sciolto per la commozione, e il mio spagnolo era doppiamente rotto mentre cercavo di presentarmi e spiegare quanto fossi contento di essere lì. 

Seduto nel giardino di Doña Vilma assieme al team CEFA, ascoltando le testimonianze delle ragazze e delle famiglie di Pocohil (spesso in lingua Maya Quichè e tradotte in spagnolo dall'incredibile Angélica), ho iniziato a capire davvero che tipo di impatto ha CEFA in queste comunità. A Pocohil l'accesso alla corrente è limitato e si cucina all'aperto in grandi pentoloni scaldati da fuoco vivo. Le famiglie fanno scorta di acqua potabile quando è disponibile (ogni due giorni  per circa tre ore) e sono poche le case che hanno la fortuna di avere accesso a un pozzo che permetta di irrigare il terreno anche durante la stagione secca. 

C'è una scuola primaria non molto lontano, mentre la scuola secondaria è più distante, tanto da richiedere perlomeno un viaggio in pick-up. Frequentare l'università è ancora più costoso: bisogna potersi permettere vitto e alloggio in città, raramente alla portata di queste famiglie che vivono dei prodotti della terra e del lavoro di tessitura di madri e ragazze. 

Non tutto il Guatemala è così, nelle grandi città la vita è molto più simile a quella che conosciamo, ma le numerose comunità Maya delle zone rurali e di montagna spesso vivono in condizioni di estrema povertà senza ricevere molto aiuto dal governo. In questo contesto CEFA sostiene il percorso di studi delle ragazze che diventa punto di partenza, grazie a personale locale straordinario che comprende profondamente il contesto, per la nascita di una serie di iniziative volte a migliorare la qualità della vita di tutta la comunità, come i tanti workshop su temi che spaziano dai diritti civili alle pratiche di agricoltura sostenibile. 

Non solo: Doña Vilma è stata orgogliosa di mostrarci le piante da frutto, l'orto e le galline che CEFA le ha fornito e di cui lei ora si prende cura. Galline, tra l'altro, che ho avuto il piacere e l'onore di gustare.


Le storie di San Antonio Sinaché

Il giorno dopo, con Angélica e Marco Tullio, abbiamo visitato San Antonio Sinaché, un'altra comunità Maya con cui lavora CEFA. San Antonio è stata particolarmente ferita dal conflitto armato che ha dilaniato il Guatemala dagli anni sessanta fino agli accordi di pace del '96. La violenza del conflitto, specialmente nei primi anni ottanta in Quichè, è stata tale che il governo guatemalteco è stato accusato di genocidio nei confronti delle popolazioni indigene.

Don Francisco, che ci ha ospitato per la giornata, prende la parola dopo pranzo per raccontarci la sua esperienza della guerra civile. Indica il punto del cortile in cui il cadavere di suo padre fu abbandonato dai soldati che lo uccisero, mentre lui si nascondeva con molti altri sulle montagne lì attorno. Quando Don Francisco fa una pausa nel suo racconto, una donna interviene per raccontare di come anche lei sia riuscita a fuggire da una situazione simile. Poi un'altra persona. E un'altra. Quasi tutti gli adulti hanno una storia da raccontare, quasi tutti ricordano come sono sopravvissuti mentre un padre, una madre o un fratello non sono stati altrettanto fortunati. Mi rendo conto di come tutto il contesto attorno a noi (la casa con orto e frutteto, l'accesso a un pozzo, i campi coltivati, la calma del pranzo del Sabato assieme a gran parte della comunità, i bambini che giocano in cortile), tutto quello che ho vissuto quel giorno è frutto di una difficile riconquista, un fragile equilibrio ricostruito di recente.

Gli adulti desiderano una vita migliore per le nuove generazioni, per cui l'accesso all'educazione è un requisito fondamentale e il sostegno di CEFA fa una differenza tangibile. 

La comunità di San Antonio Sinachè, come quella di Pocohil il giorno prima, mi ha chiesto di trasmettere la loro gratitudine a tutti gli altri "padrini" e "madrine". L'aiuto economico è tanto importante quanto il fatto di sentirsi visti e ascoltati.

La storia delle becadas

"Aqui estamos siempre a la lucha": nella sala riunioni dell'ufficio CEFA, quasi con un po' di imbarazzo, una delle ragazze spiega che anche se il supporto di CEFA è stato un grosso aiuto non vuol dire che il suo percorso educativo e la sua vita siano state in discesa.

Le battaglie che le "becadas" affrontano oggi sono quelle contro una triplice discriminazione, perché povere, perché Maya e perché donne. La lotta per alcune comincia con il dover camminare ogni giorno per ore fino alla scuola elementare più vicina, e in alcuni casi continua con il dover pagare lo stipendio degli insegnanti quando il governo dice di non poterselo permettere. Anche con una borsa di studio le difficoltà economiche sono enormi: i padri sono spesso assenti o completamente disinteressati all'educazione delle figlie, alcune ragazze hanno perso entrambi i genitori, altre hanno fino a dodici fratelli. Fin da giovani aiutano le madri con il lavoro di tessitura per coprire le proprie spese.

Ma che non ci siano fraintendimenti: non c'è alcun desiderio di impietosire nei racconti di queste ragazze, e l'obiettivo non è lamentarsi della propria sorte. Vogliono che io capisca esattamente da dove proviene la fierezza con la quale dicono "ho lottato, ma ce l'ho fatta".

Questa visita a CEFA Guatemala è stata una delle esperienze più straordinarie della mia vita. Lavorando con le comunità Maya del Quichè, CEFA mette in campo una cura premurosa nell'ascoltare i bisogni delle persone e un'enorme competenza professionale nel cooperare con loro per soddisfarli.
Infinite grazie a Elisa, Iris, Angélica e Marco Tullio per avermi dato la possibilità di esserne testimone così da vicino.

Enrico