di Giorgia Gibilaro e Corina Costea
La grave siccità dovuta dal cambiamento climatico ha causato una drastica diminuzione nella produzione di grano, compromettendo notevolmente la qualità del raccolto: la crisi alimentare in Tunisia è ormai evidente, con lunghe code fuori dalle panetterie. In alcuni casi, il pane è reso accessibile grazie a sussidi governativi, l’unico modo per molte famiglie di soddisfare il proprio fabbisogno alimentare. La lotta per garantire il diritto al cibo diventa sempre più impegnativa, mentre la combinazione di fattori climatici avversi, crisi sanitarie e tensioni geopolitiche hanno un impatto negativo sulla sicurezza alimentare in una nazione già in difficoltà dopo le turbolenze politiche seguite al 2011. La Tunisia si trova in una situazione critica, e il futuro della sua sicurezza alimentare è più incerto che mai. È fondamentale che le autorità e la comunità internazionale lavorino insieme per affrontare queste sfide in modo efficace e garantire che il diritto al cibo sia rispettato per tutti i cittadini tunisini. La situazione è così allarmante che molti specialisti hanno dichiarato uno stato di siccità e il rapporto pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura, delle Risorse Idriche e della Pesca prevede, intorno al 2030, una moderata diminuzione delle precipitazioni, un aumento della temperatura media annuale di +1,1°C sull’intero paese e un ulteriore aumento della temperatura media fino al 2050 (+2,1ºC). Da decenni gli agricoltori tunisini hanno basato le loro colture su semi “ibridi” importati che non possono essere ripiantati, richiedono l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi, aumentano il consumo d’acqua e sono dannosi per la fertilità del suolo. L’utilizzo di semi locali e autoprodotti, più adatti alla zona e meglio adattati al clima tunisino, con la capacità di resistere alle infestazioni, tollerare la siccità e produrre rese elevate, potrebbe rappresentare un elemento fondamentale in questo processo e contribuire agli sforzi degli agricoltori nell’adattarsi all’impatto dei cambiamenti climatici, nonché ridurre l’impatto mortale di eventi meteorologici estremi e della scarsità d’acqua.
“La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad un cibo sano e culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi ecologici e sostenibili, nonché il diritto a definire i propri sistemi alimentari e modelli di agricoltura. La sovranità alimentare dà priorità all’economia e ai mercati locali e nazionali, privilegia l’agricoltura familiare, la pesca e l’allevamento tradizionali, così come la produzione, la distribuzione e il consumo di alimenti basati sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica.”
Questo concetto è stato introdotto nel 2007 in occasione del Forum internazionale di Nyeleni, e sottolinea come il sistema alimentare sia una questione di diritti, di democrazia e di libertà che evidenzia la funzione sociale del cibo, così come la necessità di tutelarne la biodiversità. Secondo la FAO, quando tutte le persone hanno un accesso fisico ed economico costante a una quantità di cibo sufficiente, sicuro e nutriente, allora si concretizza la sicurezza alimentare. Questo è un obiettivo cruciale per qualsiasi nazione, ma in Tunisia, come in molte altre parti del mondo, questa realizzazione è una sfida continua. In un contesto come quello di un paese caratterizzato da una situazione politica instabile, le organizzazioni non governative (ONG) e i progetti di cooperazione internazionale sono diventati fondamentali per il supporto di in molti settori chiave, tra cui l’agricoltura e le politiche alimentari. Tra le varie proposte e ricerche, l’agricoltura idroponica è considerata la soluzione agli effetti del riscaldamento globale.


Risulta quindi molto adatta ai paesi e alle regioni che soffrono sempre di più dalla mancanza di acqua e terre coltivabili. Inoltre, consente agli imprenditori di conciliare ecologia e profitto, poiché offre una migliore soluzione per ottimizzare il consumo di acqua e fertilizzanti. Questa coltura potrebbe essere la soluzione per affrontare la scarsità di risorse idriche poiché si tratta di un metodo agricolo senza pesticidi che utilizza il 95% in meno di acqua ed è più produttivo rispetto all’agricoltura tradizionale, anche in aree con suoli poveri. Ad esempio, coltivare un chilo di pomodori nell’agricoltura intensiva convenzionale richiede 214 litri d’acqua, rispetto a 20 litri nell’idroponica. Inoltre, liberandosi dalla dipendenza dal suolo, l’idroponica può crescere verticalmente senza limiti. Fornendo con precisione i nutrienti necessari alle piante, queste si sviluppano a un ritmo molto più veloce rispetto a quelle cresciute in suolo, evitando anche molte malattie trasmesse dalla terra o parassiti provenienti dal suolo. Tuttavia, questo metodo ha svantaggi, tra cui il costo dell’attrezzatura necessaria per l’installazione di un sistema idroponico, specialmente per la coltivazione su larga scala. Tuttavia, esistono modelli di piccole dimensioni e convenienti per le imprese individuali o i privati. Inoltre, non è ancora molto conosciuto tra gli agricoltori e richiede un apprendimento specifico. Per alcuni esperti, produce prodotti privi di sapore. Ma l’idroponica sta cominciando a guadagnare terreno nel paese e rappresenta per molti agricoltori una soluzione economica ed ecologica. Il Nord-Ovest della Tunisia, conosciuto come “serbatoio d’acqua” del paese, è la zona più minacciata dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. La maggior parte delle risorse idriche mobilizzabili nel paese si trova in questa regione, con diverse dighe – le cui riserve stanno diminuendo – e le forniture di acqua potabile che servono molte città, tra cui la capitale. Al fine di ridurre questi impatti negativi, CEFA interviene in questa regione proponendo assistenza tecnica e finanziaria agli agricoltori della regione di Jendouba.


Il progetto Foodland, finanziato dall’Unione Europea – Programma di ricerca Horizon 2020, ha come obiettivo lo sviluppo, l’applicazione e la convalida di tecnologie innovative, sostenibili ed evolutive per sostenere l’efficienza nutrizionale dei sistemi alimentari locali in Africa e rafforzare la biodiversità agricola, nonché la diversità e la ricchezza delle abitudini alimentari. Sono stati identificati obiettivi specifici per l’applicazione del progetto nella regione di Jendouba in Tunisia, con i partner CEFA Tunisia e l’Istituto Nazionale di Agronomia di Tunisi (INAT). FoodLAND mira a sviluppare e applicare una tecnologia innovativa per la coltivazione fuori suolo con materiali accessibili e riciclabili. Il progetto supporta pratiche agricole evolutive e sostenibili per migliorare l’efficienza nutrizionale dei sistemi alimentari locali e ridurre il consumo di acqua fino al 80%. Le attività finora svolte a Fernena, in un arco di periodo che si estende da febbraio 2022 allo stesso mese del 2023, includono:
- L’implementazione dell’esperimento scientifico (condotto da UNIBO in Tunisia) che dimostra l’efficacia della tecnica di coltura idroponica come soluzione per l’agricoltura fuori suolo con una buona gestione delle risorse idriche (uso su piccola scala).
- La diffusione di questa tecnologia tra gli agricoltori locali.
- L’analisi sul campo della possibilità tecnica di installare una replica di questa tecnica presso piccoli agricoltori per dimostrare l’efficienza economica del sistema di coltura idroponica.


Il rappresentante dell’UTAP a livello locale, con il supporto dell’autorità locale (la delegazione), ci ha concesso l’accesso a un pezzo di terra agricola per realizzare il giardino comunitario. Sul piano concettuale, il giardino prevede molteplici spazi destinati sia all’attività agricola che allo svago, per incitare uno spirito collettivo e una gestione comunitaria delle risorse. Circa 50 agricoltori di Fernena avranno una parcella di terra all’interno del giardino, gestita grazie al supporto tecnico e morale reciproco di tutti. L’inaugurazione del giardino comunitario è prevista per il primo semestre 2024, ma gli agricoltori hanno già iniziato a partecipare alle prime sessioni di divulgazione sulla coltura idroponica, attraverso una strategia di formazione sostenibile. La prima sessione si è rivolta ai tecnici del CRDA (Commissariato Regionale per lo Sviluppo Agricolo), che rappresentano un punto di riferimento nella regione di Fernena, e che, forti delle competenze acquisite, hanno formato a loro volta quattro gruppi di agricoltori. Grazie alla metodologia utilizzata, la divulgazione dell’esperimento idroponico e dei suoi vantaggi in Tunisia ha permesso di raggiungere un pubblico molto più vasto. Dopo aver verificato scientificamente la fattibilità del sistema nella regione di Fernena, dei piccoli sistemi idroponici saranno realizzati direttamente sui terreni degli agricoltori, per verificarne anche la fattibilità tecnica ed economica. Il responsabile della Cellula Territoriale di Volgarizzazione (CTV), all’interno del CRDA di Jendouba, ci ha raccontato la sua esperienza in quanto beneficiario della formazione in coltura idroponica e, nella fase di replica, in quanto formatore degli agricoltori:
“Questa formazione ci ha fornito informazioni dettagliate sul sistema idroponico, che conoscevamo tutti in modo poco approfondito. L’ho trovata molto utile ed importante perché incita gli agricoltori ad adottare nuove tecniche agricole per risparmiare le risorse idriche. E’ vero che i costi iniziali per realizzare un sistema idroponico sono elevati, ma nel tempo ne varrà la pena grazie alla redditività e alla sostenibilità ambientale della coltura. Dopo un atelier tecnico sui calcoli, sull’utilizzo e l’installazione dell’attrezzatura, abbiamo assistito a una dimostrazione di un’installazione di colture fuori terra di basilico, insalata e pomodoro. Sono molto soddisfatto della formazione ricevuta, ma soprattutto di aver trasferito conoscenze e competenze acquisite ad altri agricoltori.”
