Dopo quattro stagioni delle piogge saltate, una siccità storica sta devastando la Somalia. Da quasi un anno nel paese è stato dichiarato lo stato di emergenza, e ci si trova sull’orlo di una crisi alimentare.

Per capire meglio la situazione abbiamo parlato con Ahmed Yakub, dal 1996 agronomo e coordinatore dei progetti CEFA in Somalia, a Jowhar a nord di Mogadiscio. 

Com’è andata l’ultima stagione delle piogge?

Purtroppo il cambiamento climatico sta colpendo molto duramente il nostro paese. Come mai prima d’ora una siccità storica devasta la Somalia. Durante la stagione delle piogge le precipitazioni non sono state molte e il raccolto non è stato buono. La pioggia è irregolare, a volte è tardiva e l’intensità è minore. Di solito inizia a piovere ad aprile fino a giugno-luglio, ma quest’anno non ha piovuto affatto. Questo è il periodo migliore durante il quale si piantano le colture.

Il fiume Shebelle è però asciutto, perciò la maggior parte delle colture non stanno avendo una buona irrigazione. Shebelle parte dall’Etiopia e tutta l’area si serve dell’acqua di questo fiume. Le coltivazioni nella zona sono dovute al fiume e i mesi in cui le piogge non sono state abbondanti la manutenzione del canale è stata difficile.

Quali sono state le principali conseguenze di questa scarsa pioggia?

Purtroppo quando piove, le precipitazioni sono di brevissima durata, ma molto consistenti e così succede che  il livello del fiume si innalza e rischia di esondare, distruggendo le infrastrutture e gli impianti di irrigazioni lì vicini. Questa è un’ulteriore conseguenza del cambiamento climatico.
A causa della perdita dei raccolti, aumentano i prezzi. Riporto qualche esempio: rispetto allo scorso agosto, il prezzo del mais è aumentato del 20%. Il prezzo si è inflazionato a causa della crisi alimentare che si è creata. Anche il riso è aumentato del 60% in soli 3 mesi e il carburante del 70%.

Va ricordato che le materie prime sono davvero molto importanti. La Somalia non produce quasi nulla e il 60% dei beni è importato. Infatti  se parliamo di colture ci riferiamo alla coltivazione di riso e mais. 

La crisi climatica sta colpendo molto duramente il paese. La scorsa stagione un nostro collega ha perso 8 ettari di riso a causa della mancanza di acqua. Questi sono solo alcuni esempi, ma ormai tutto ciò è diventato normale per la vita e il lavoro di migliaia di agricoltori.

Esistono soluzioni per il futuro? C’è preoccupazione?

Se guardiamo agli eventi climatici il meccanismo che possiamo mettere in atto è la resilienza. Bisogna trovare una soluzione, migliorarla e perfezionarla. Ciò che è davvero importante e necessario, è promuovere un sistema di irrigazione valido e vantaggioso per più produttività dell’agricoltura. Bisognerebbe avere un gestore integrato delle risorse idriche che possa aiutare tutte le comunità. Le aree coltivate hanno bisogno di questa gestione e la risorsa idrica integrata può essere migliorata. I problemi attuali possono essere affrontati, innalzando per esempio il letto del fiume. In alcune aree si riscontra il problema delle scarse infrastrutture fluviali che a volte influiscono anche sulla commercializzazione dei prodotti locali.

Che cosa ha fatto CEFA finora?

Nell’ultimo anno abbiamo lavorato senza sosta per cercare di portare delle soluzioni concrete, vantaggiose e alle volte emergenziali, davanti alla catastrofe con cui dobbiamo vivere ogni giorno. Negli ultimi mesi abbiamo iniziato la riqualifica e riabilitazione di 7 pozzi superficiali e l’intervento avrà lo scopo di incrementare la quantità d’acqua per circa 1500 persone. I lavori possono comprendere l’installazione di nuove pompe meccaniche a mano, la ristrutturazione del sistema di pesca e dei sistemi di protezione. Saranno 1073 le famiglie di agricoltori che avranno un accesso migliorato all’acqua per scopi irrigui, tra cui 179 famiglie di agricoltori che sono attualmente escluse, che avranno poi accesso all’acqua grazie alla riabilitazione del sistema di irrigazione per un’estensione di circa 9 km di canali . In questo modo tutta la comunità riuscirà a coltivare i propri campi.

Speriamo che attraverso queste iniziative si comincino a portare soluzioni capaci di rendere le comunità delle aree di Jowhar più resilienti a questi fenomeni. C’è bisogno di aiuto per adattarci a questa nuova realtà climatica.

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