Il 20 agosto 2023 il 60% del popolo ecuadoriano ha votato al referendum indetto dal gruppo ambientalista Yasunidos per bloccare la trivellazione del Parco Nazionale Yasunì. Il Parco, che si estende su 10.000 km2 nella foresta amazzonica dell’Ecuador, è stato nominato dall’UNESCO, nel 1989, patrimonio di biodiversità ed è dimora di diverse popolazioni autoctone.

Per approfondire l’argomento, abbiamo chiesto al nostro responsabile dei progetti in Ecuador, Andrea Cianferoni, un punto di vista interno al paese:

“Il referendum nazionale fa riferimento alla zona che negli ultimi 10 anni è stata oggetto di una importante iniziativa, l’“iniziativa Yasuní ITT”, un progetto in cui l’Ecuador proponeva di lasciare milioni di barili di petrolio sottoterra nel Parco Nazionale Yasuní in cambio di un risarcimento finanziario da parte della comunità internazionale. Non avendo ricevuto una risposta favorevole da parte della comunità internazionale l’Ecuador ha deciso iniziare le operazioni di estrazione nel 2017 che per ora si erano solo realizzate in una zona fuori dai limiti del parco Yasuní.”

La vittoria del Sì al Yasunì e il conseguente blocco della trivellazione rappresenta una svolta storica per l’Ecuador, che sta vivendo un periodo di grandi cambiamenti politici: lo scioglimento del parlamento a maggio, le elezioni anticipate e la morte del candidato Villavicencio hanno contribuito alla creazione di un clima teso, smorzato dal risultato di questo referendum.

“La vittoria del referendum sull’estrazione del petrolio nelle aree di Ishpingo, Tambococha e Tiputini del Yasunì, obbligherà a non estrarre il petrolio. È una decisione popolare che costringe Petroecuador (l’impresa nazionale che gestisce l’estrazione del petrolio nel Yasuni) a creare un piano di smantellamento dell’operazione di estrazione entro un paio di mesi.”

La scelta del futuro o della futura leader del paese avverrà il 15 ottobre, al ballottaggio finale. La preoccupazione su come verrà gestita questa decisione popolare rimane, come ci racconta Andrea:

 “I due candidati, Luisa González e Daniel Noboa, nel piano di governo parlano dell’importanza dell’attività dell’estrazione del petrolio per l’economia del paese. Il petrolio è la principale fonte di ingresso nel paese. Nell’ultimo governo si erano dati delle mete per aumentare l’estrazione per arrivare a 500 mila barili al giorno, attraverso la riattivazione e il miglioramento del processo di estrazione nei campi più antichi intorno al Lago Agrio. I candidati non hanno una visione verde, l’attività di estrazione continua a essere un punto importante.”

Anche a livello provinciale, nel Distretto Metropolitano di Quito, la popolazione ha preso una decisione netta in merito all’attività mineraria, anteponendo ad essa la salvaguardia dell’ambiente. 

“A livello provinciale, nel Cantone di Quito, è stato fatto un altro referendum che proibiva le attività di miniera nella zona del Chocó Andino, una zona ecologica di importanza fondamentale, con una grande biodiversità, un ecosistema unico di foresta che unisce la parte alta delle Ande con la costa. Anche qui ha vinto il Sì, dunque si proibirà l’attività di miniera in queste zone. Tutte le organizzazioni ambientaliste hanno avuto un grande successo, da questo punto di vista.”

Per i detrattori dei due referendum la decisione presa rappresenta un colpo durissimo per l’economia del paese ma, per fortuna dell’ambiente, la massiccia campagna di informazione contraria a questi due referendum non è servita.

Ci auguriamo che le richieste delle popolazioni vengano accolte dalla politica il più velocemente possibile, ricordando sempre che la salvaguardia dell’ambiente è un diritto fondamentale e necessario per tutelare la vita di tutti e tutte.

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